Il mare, quando è pulito, è una meraviglia. Ma purtroppo non sempre è pulito.
La Ellen MacArthur Foundation, una delle più grandi fondazioni private degli USA, in uno dei suoi studi finalizzati a rendere il mondo più verde, ha pronosticato che entro il 2050 la quantità di plastica in mare supererà quella dei pesci.
Ogni anno i rifiuti di plastica che finiscono nei mari del mondo superano gli 8 milioni di tonnellate, cioè oltre 6 tonnellate per chilometro di costa.
Bottiglie, imballaggi, reti da pesca, sacchetti, fazzoletti, e qualunque altro oggetto in plastica, una volta finiti in acqua si trasformano in trappole per la fauna marina. E, per azione del sole, del vento e delle correnti, si spezzano in piccoli frammenti e finiscono in bocca ai pesci, che ne restano soffocati o arrivano sulle nostre tavole con i loro contenuti di additivi, coloranti, metalli pesanti, pesticidi, erbicidi e residui di medicinali.


E quando il mare deposita la plastica sulle spiagge la bellezza dei luoghi ne soffre, il turismo viene danneggiato e i costi per le bonifiche lievitano.
Gli avanzi di plastica per il 54% sono di origine domestica e restano nell’ambiente anche per centinaia di anni. Una scatola di cartone può restarvi un mese, un rotolo di carta igienica sessanta giorni, uno shopper quindici anni, posate e accendini un secolo, un pannolino usa e getta duecento anni.
Alle origini del problema c’è il nostro scarso rispetto per la natura. Noi cittadini differenziamo poco e male e i nostri politici sono indecisi nella ricerca di alternative sostenibili.
Ma il mare chiama, ed è tempo di dargli una risposta.
In copertina : foto di Tom Meyer